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Autore The Elephant Man, ovvero la sindrome di John Merrick
Marxetto

Reg.: 21 Ott 2002
Messaggi: 3954
Da: Milano (MI)
Inviato: 23-04-2003 11:19  
Sublime,non ho molto altro da aggiungere.Tentare di farne una razionale recensione lo farebbe perdere di molto del suo vastissimo significato e della sua immensa poesia.Dico solo che Lynch è un genio assoluto,e l'accoppiata con Hopkins è da favola.Due artisti con la A maiuscola,che rendono omaggio al Cinema qualsiasi cosa tocchino!

P.S.Complimenti Sean per le tue considerazioni,le ho parecchio apprezzate!
_________________

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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 23-04-2003 11:29  
quote:
In data 2003-04-23 11:19, Marxetto scrive:
Sublime,non ho molto altro da aggiungere.Tentare di farne una razionale recensione lo farebbe perdere di molto del suo vastissimo significato e della sua immensa poesia.Dico solo che Lynch è un genio assoluto,e l'accoppiata con Hopkins è da favola.Due artisti con la A maiuscola,che rendono omaggio al Cinema qualsiasi cosa tocchino!

P.S.Complimenti Sean per le tue considerazioni,le ho parecchio apprezzate!


spero sia tutto sincero...dato che qualcuno mette in dubbio la mia originalità....
_________________
sono un bugiardo e un ipocrita

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DemonSeth
ex "Phibes"

Reg.: 27 Feb 2002
Messaggi: 2048
Da: Catania (CT)
Inviato: 23-04-2003 11:35  
quote:
In data 2003-04-22 11:33, seanma scrive:
Il sig.Bytes,invece,è forse il personaggio meglio tratteggiato dopo John.Gretto,lucroso,negriero,ma in fondo al cuore angosciato da ciò che vede e forse dalla sorte stessa di John.Il sig.Bytes vuole bene a John.,ma come se ne vorrebbe ad un cane o ad un gatto,non certo a un uomo.
E si arriva così al teatro....





Premetto che ciò che hai scritto Sean, mi fa un enorme piacere, ho letto tutto con estremo interesse. Tuttavia mi trovo in disaccordo su alcuni punti della tua analisi. Per prima la figura di Bytes. Bytes è l'unico personaggio del film che nutre sentimenti veri per Jhon, non sono d'accordo sul fatto che lo consideri un animale.Se proviamo ad identificarci con la conflittualita e la disperazione del personaggio di Bytes, capiremo che avrebbe trattato in egual maniera un figlio.Jhon non è considerato un animale per il suo aspetto, ma è la condizione sociale di Bytes, la sua dipendenza dall'alcol che lo porta a "socializzare" i sentimenti in maniera violenta ed apparentemente distaccata. Io credo che Bytes sia davvero la sola persona che ami (in senso assoluto) Jhon Merrick per quello che è.
Il teatro. mmm...questa è la scena che mi ha più colpito, ma non per ciò che tu hai sottolineato. Ciò che accade in teatro è l'apoteosi della finzione, viene regalata a Jhon un'illusione e non la realtà. Jhon Merrick muore "illuso" di essere diventato un uomo. La sua consapevolezza (espressa nel suicidio) sta proprio in questo...sceglie di conservare come reale ciò che lui stesso capisce essere "finzione".Ma vuole che sia quello il suo ultimo ricordo, preferisce morire tra quegli applausi, piuttosto che aspettare qualcuno che si affacci alla sua finestra per vedere "il mostro"! Illusione, non consapevolezza...ma in fondo la differenza è estremamente sottile...
_________________
"Capable du meilleur comme du pire, mais pour le pire je suis le meilleur"

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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 23-04-2003 11:40  
quote:
In data 2003-04-23 11:35, DemonSeth scrive:
quote:
In data 2003-04-22 11:33, seanma scrive:
Il sig.Bytes,invece,è forse il personaggio meglio tratteggiato dopo John.Gretto,lucroso,negriero,ma in fondo al cuore angosciato da ciò che vede e forse dalla sorte stessa di John.Il sig.Bytes vuole bene a John.,ma come se ne vorrebbe ad un cane o ad un gatto,non certo a un uomo.
E si arriva così al teatro....





Premetto che ciò che hai scritto Sean, mi fa un enorme piacere, ho letto tutto con estremo interesse. Tuttavia mi trovo in disaccordo su alcuni punti della tua analisi. Per prima la figura di Bytes. Bytes è l'unico personaggio del film che nutre sentimenti veri per Jhon, non sono d'accordo sul fatto che lo consideri un animale.Se proviamo ad identificarci con la conflittualita e la disperazione del personaggio di Bytes, capiremo che avrebbe trattato in egual maniera un figlio.Jhon non è considerato un animale per il suo aspetto, ma è la condizione sociale di Bytes, la sua dipendenza dall'alcol che lo porta a "socializzare" i sentimenti in maniera violenta ed apparentemente distaccata. Io credo che Bytes sia davvero la sola persona che ami (in senso assoluto) Jhon Merrick per quello che è.
Il teatro. mmm...questa è la scena che mi ha più colpito, ma non per ciò che tu hai sottolineato. Ciò che accade in teatro è l'apoteosi della finzione, viene regalata a Jhon un'illusione e non la realtà. Jhon Merrick muore "illuso" di essere diventato un uomo. La sua consapevolezza (espressa nel suicidio) sta proprio in questo...sceglie di conservare come reale ciò che lui stesso capisce essere "finzione".Ma vuole che sia quello il suo ultimo ricordo, preferisce morire tra quegli applausi, piuttosto che aspettare qualcuno che si affacci alla sua finestra per vedere "il mostro"! Illusione, non consapevolezza...ma in fondo la differenza è estremamente sottile...


insomma....non così sottile...
Comunque non c'è illusione perchè John ha trovato la sua "pace interiore" potremmo chiamarla attraverso ciò che ha visto in teatro e attraverso le cure di Trevesriguardo al quale il dubbio se nutra o meno sentimenti veri rimane,anche se io propendo x il sì....
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sono un bugiardo e un ipocrita

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Vitalogy

Reg.: 25 Dic 2002
Messaggi: 281
Da: Sondrio (SO)
Inviato: 23-04-2003 21:49  
quote:
In data 2003-04-23 11:29, seanma scrive:
spero sia tutto sincero...dato che qualcuno mette in dubbio la mia originalità....



Seanma, come ho già avuto occasione di dirti, è sempre un piacere leggere quello che scrivi... si vede che le tue recensioni (perchè tali sono) sono frutto di passione e competenza... io le apprezzo molto, continua così!
Fregatene di chi mette in dubbio la tua originalità... anche perchè, da quello che ho capito, si tratta di gente che difficilmente sarebbe in grado di scrivere più di tre righe inutili per 'commentare' un film o per chiedere agli altri cosa ne pensano ...
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'cuz take away our playstations
and we are a third world nation
under the thumb of some blue blood royal son
who stole the oval office
and that phony election...'
(Ani Di Franco, ‘Self evident’)

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Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
Messaggi: 10671
Da: genova (GE)
Inviato: 24-04-2003 11:28  
Vedendo "Elephant man" quello che mi è subito saltato agli occhi era una certa impostazione della sceneggiatura e quindi della costruzione di una serie di episodi narrativi (tra cui lo stesso percorso "catartico" di John) ad un film di sei anni precedente (tantissimo nel mondo del cinema). il film in questione è "l'enigma di kaspar hauser" di Werner Herzog (titolo originale tradotto del tedesco "ognuno per sè e Dio contro tutti").
Basandosi meramente sull'aspetto emotivo e quindi sulla costruzione del personaggio, o forse soltanto sulle potenzialità di questo, Kaspar Hauser offre una visione del mondo analizzabile dal punto di vista dell'uomo "diverso" all'interno di una società che si dimostrat sottilmente e irrimediabilmente costruita e inacessebile se di queste non si è sempre fatto parte. Kaspar Hauser passa la maggior parte della sua vita legato in una stalla davanti ad un muro. Nessuno stimolo esterno gli permette di costruire una "cultura" e quando si ritrova liberato il suo sarà uno scontro con il mondo del linguaggio e delle sue categorie. una guerra di istintivismo e sentimentalismo contro una società che normalmente considera molte delle sue componenti (la visione simbolica, la musica, lo stesso linguaggio) normali e dovute. Quindi prima di tutto un film che si costruisce sui personaggi e sul loro potenziale. allo stesso modo di "Elephant man".
mi è sembrato per questo e per altri motivi che nonostante l'interessante ricerca e documentazione per costruire l'uomo elefante e l'ultima parte della sua vita in un certo qual senso l'ispirazione (per non dire il modello) sia proprio il film di Herzog... (che comunque è più risolto, completo e decisamente più efficace)
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"C'è una sola cosa che prendo sul serio qui, e cioè l'impegno che ho dato a xxxxxxxx e a cercare di farlo nel miglior modo possibile"

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gmgregori

Reg.: 31 Dic 2002
Messaggi: 4790
Da: Milano (MI)
Inviato: 24-04-2003 17:15  
Lynch stesso ha detto che ha sempre avuto una maledetta paura della normalità e i suoi film ne sono specchio. Sebbene sia passato molto tempo dall'ultima volta che ho visto questo film, ricordo di non esserne stato amreggiato, e l'abile regia incollata ai sentimenti ha permesso a Lynch di rivelarsi normale con un film geniale senza ambizioni di pietismo.
Dovrei rivederlo!
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la bruttura del vuoto è tanto profonda fin quando, cadendo, non ti accorgi di poterti ripigliare. I ganci fanno male, portano ferite, ma correre e faticare per poi giorie è un obbiettivo per cui vale la pena soffrire.
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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 14-08-2004 04:30  
Beh, che dire, le riflessioni che c'erano da fare su questa poesia (perché di questo si tratta, due ore di poesia) le avete già fatte (in particolare, mi trovo perfettamente d'accordo con le argomentazioni del Demone).

Non ho visto il film di Herzog di cui parla Tristam, per cui non ho colto i riferimenti, mentre invece mi è parso che una grandissima fonte di ispirazione sia Freaks (1932) di Tod Browning; i richiami e i parallelismi a questo straordinario capolavoro sono tanti, ed immancabili poiché la tematica di base è la stessa.
Il circo, il voyeurismo dei "normali" (ce ne metterei anche dieci, di virgolette, intorno a questa parola), gli stessi freaks che aiutano John a fuggire dal signor Bytes, sulla cui figura sono ancora d'accordo con Demon: è l'unico, insieme al ragazzo, a voler davvero bene a John.
Un altro aspetto che mi ha portato alla mente Freaks è il finale della scena alla stazione, in cui John viene inseguito dalla folla (si crea in questa sequenza un climax insopportabile di tensione): chiuso in un angolo, John grida: "Nooo! Non sono un elefante! Io non sono un animale!! Sono un essere umano!". Un urlo che ha la stessa forza del "Nooo! Mostri! Mostri! Mostri!" con cui la bella Cleopatra esplode il suo disprezzo verso i "diversi" (dieci virgolette anche qui, prego), nel film di Browning.

Oltre alla scena della stazione, è incredibilmente angosciante e deprimente la scena in cui John riceve la terribile visita di Jim e dei suoi "amici". Una sequenza che non può non infondere orrore e disprezzo verso la stessa specie umana cui lo spettatore appartiene; una sorta di stupro dei sentimenti del pubblico.


Da segnalare l'ottima prova di Anthony Hopkins (il suo personaggio dimostra ben più di 11 anni in meno, rispetto ad Hannibal Lecter), visibilmente tormentato, ed in particolare nella sequenza della prima volta in cui il Dr. Treves vede John, al circo: l'espressione di stupore e di inorridita meraviglia (vede già il successo a portata di mano) è perfetta, e Hopkins riesce a tenerla in modo efficace per tutta la lunga inquadratura.
Ecco, forse, proprio pensando a questo, c'è una sola cosa che non mi ha convinto nel film: il Dr. Treves resta imbambolato, l'infermiera urla di terrore, mentre molti altri personaggi restano impassibili quando vedono John la prima volta (il Dr. Cox, la capo-infermiera,...).
Ma probabilmente fa anche questo parte del mondo di finzione in cui John è immerso quando si trova tra le mura dell'ospedale.

Ottima e raffinata la fotografia in bianco e nero di Fraddie Francis.

Otto nominations agli oscar, zero vittorie. Visto che parliamo di oscar, mi stupisce di più il primo dei due dati.

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"Non vorrei mai appartenere ad un club che accettasse tra i suoi soci uno come me." (GROUCHO MARX)
VOTATE AL CINECAMPIONATO! è IN ATTORI,ATTRICI,REGISTI

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 14-08-2004 alle 04:34 ]

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 04-03-2006 15:45  
THE ELEPHANT MAN di David Lynch (l’impossibilità ad essere normali) 1980

Dopo le sperimentazioni d’avanguardia di Eraserhead del 1976, David Lynch, sostenuto da Mel Brooks e Jonathan Ranger, firma nel 1980 in un altro splendido bianco e nero (fotografia di Freddie Francis) , il racconto della “straight story” , della vera vicenda di John (Jack) Merrick , orribilmente sfigurato e menomato da una rara malattia la neurofibromatosi, nella londra vittoriana (1884) densa di fumi e rumori pre industriali. Il film sembra, a una prima superficiale lettura, molto rigoroso e asciutto dal punto di vista narrativo, perfino troppo tradizionale per essere un film di Lynch. Siamo lontani dalle atmosfere da incubo metafisico di Eraserhead, ma il tocco del genio Lynch si sente ovunque.
Prima di tutto nell’incipit basato su due occhi femminili (di madre) e sul sogno dell’elefante che a mio parere non è che una proiezione di Merrick per spiegare l’inspiegabile.
La madre al quarto mese di gravidanza venne calpestata da un elefante: questo incidente fece partorire il mostro Merrick che , a differenza di Eraserhead, è un mostro con una sensibilità ed una coscienza. Lynch si schiera apertamente dalla parte del mostro e inserisce nel racconto dei tocchi d’artista: l’orrore e lo spavento del mostro Merrick che vede sé stesso in uno specchio, lo sfruttamento da parte della società spettacolo circo del fenomeno da baraccone a scopi economici, lo sfruttamento da parte della società scientifico medica del caso clinico per soddisfare ambizioni carrieristiche. Lynch è eccezionale nel mostrare le analogie fra i due tipi di esibizione soprattutto spostando la camera dall’elephant man, allo sguardo inorridito e sconvolto degli spettatori. Mostrando indirettamente un orrore dal vago sapore voyeristico in un sottofondo rumoroso e inquietante. E’ facile credere Merrick un menomato anche mentale, invece il buon John sa a memoria il 23° Salmo ed è appassionato di teatro, ha un animo delicato e tanta paura del mondo circostante, popolato da ubriachi avidi violenti (dei veri e propri mostri). “La gente ha paura di ciò che non capisce” ma si potrebbe aggiungere che ne è anche voyeuristicamente attratta e che in fondo a liberare Merrick dalla gabbia con le scimmie in cui è costretto in penosa esibizione, sono propri nani ed altri esseri deformi, solidali nella fortuna beffarda che li ha condannati.
Credo che il punto critico del film sia un sogno di normalità ripetutamente inseguito dall’elephant man e la lucida consapevolezza che l’unica persona che l’abbia veramente amato sia stata la madre (che gli ha insegnato a leggere e a scrivere).Il buco nel cappuccio che copre il capo deforme di John Merrick non è che la porticina, il buco lynchiano che ci porta in un'altra dimensione, quella onirica.

to be continued
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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 04-03-2006 15:50  
SECONDA PARTE

L’unico che intravede l’uomo nel mostro è proprio il medico Treves (Antony Hopkins) e i suoi occhi rigati di lacrime al momento della prima visione dell’essere,sono un manifesto di solidarietà ed empatia prima umana che professionale.
Antony Hopkins calibra molto bene la parte del medico combattuto tra sacro furore accademico (con annessa dettagliata anamnesi clinica) e pietà e compassione umana (che gli fa dire con grande umiltà che lui non può guarire Merrick, ma può prendersi cura di lui). Non ci dovrebbero essere posti negli ospedali per malati inguaribili come The Elephant Man. E allora come possiamo curare (o meglio prenderci cura , to take care invece che to cure) questi malati senza speranza?. Un forte palliativo è la finzione teatrale, dove tutto è possibile e si può assaporare sulle labbra l’amore recitando nel ruolo di Romeo (con Anne Bancroft nella parte di Giulietta) o possiamo inventarci il sogno evadendo dalla prigione della vita come nella rappresentazione finale del Gatto con gli Stivali.Ma quando vediamo l’applauso finto e retorico di un pubblico vittoriano falso e ipocrita allora si capisce il grande inganno, si scopre la bugia che ci ha negato la diagnosi.
Merrick nella scena finale guarda la sua costruzione in miniatura della cattedrale di San Philip e piega in avanti la testa come fulminato da un dolore lancinante. Quella sua costruzione immaginaria è annientata dalla cognizione del dolore. La cognizione di un dolore che si è fatto inguaribile tumore. La cognizione del dolore di chi non ha mai ritrovato gli occhi della propria madre in nessuna altra persona: la sua condizione di mostro rende impossibile la normalità.
Meglio appoggiare la enorme testa sul cuscino e lasciarsi soffocare in un auto annientamento che rappresenta un grande atto di dignità, una sublime vittoria della Volontà. Ancora il cielo stellato e una dolce, consolatoria promessa di immortalità. Non più uomo elefante, ma Romeo.


MAI OH MAI
NIENTE MORIRA’ MAI
L’ACQUA SCORRE
IL VENTO SOFFIA
LA NUVOLA FUGGE
IL CUORE BATTE

NIENTE M UORE


E più grande di ogni colpa avrà inviolabile sovranità
su chi non potrà più vivere felice, mai.
E più d'ogni colpa porterà al verdetto della verità:
"pagherai scrivendone".


PS Il capolavoro di Lynch verrà battuto sul filo di lana da Ordinary People di Redford nella notte degli Oscar 1980 (ma questo non è un punto a sfavore di David Lynch, ma motivo d’orgoglio)
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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 05-03-2006 19:04  
Dimenticavo che per il make up di John Hurt erano necessarie sette ore di trucco!!!!!

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penny68

Reg.: 14 Nov 2005
Messaggi: 3100
Da: palermo (PA)
Inviato: 05-03-2006 19:08  
quote:
In data 2006-03-05 19:04, Schizo scrive:
Dimenticavo che per il make up di John Hurt erano necessarie sette ore di trucco!!!!!



Sai cosa penso di LYnch..

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 05-03-2006 19:10  
Conturbante
I suppose....

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penny68

Reg.: 14 Nov 2005
Messaggi: 3100
Da: palermo (PA)
Inviato: 05-03-2006 19:12  
quote:
In data 2006-03-05 19:10, Schizo scrive:
Conturbante
I suppose....



e non solo...

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 05-03-2006 19:13  
Ma cosa pensi di The elephant man?
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